Pietro Lando, Il Poligrafo, 2023

Giudecca

25.00
Così vicina e così lontana da Venezia: la storia della Giudecca riflette questa duplice natura. Fin dai tempi più antichi scelta come sede di attività produttive pericolose, da tenere distanti dalla città, e allo stesso tempo luogo ideale, immerso nel verde, dove verranno edificate alcune ville e i conventi che poi Napoleone distrusse o trasformò in caserme e nelle nuove carceri.
Con l’inizio della rivoluzione industriale in laguna, nella seconda metà del XIX secolo, l’isola cambia veste: quegli stessi spazi divennero preziosissimi per la costruzione delle nuove fabbriche e la smisurata mole del mulino Stucky cambiò definitivamente il paesaggio, simbolo della nascita dei moderni stabilimenti e delle case operaie.
L’istituzione di orfanatrofi, case famiglia, istituti per l’infanzia abbandonata o tubercolosa ne rimarcò, comunque, nuovamente il destino di luogo di emarginazione.
Poco più di un secolo dopo, l’irreversibile crisi costrinse alla chiusura, uno dopo l’altro, di tutti gli opifici e così anche alla Giudecca, alla fine del Novecento, l’industria del forestiero divenne pressoché l’unica attività produttiva dell’isola. Al posto di ciminiere, capannoni e istituti religiosi o laici sorsero così abitazioni di lusso, sempre più spesso acquistate da stranieri, più o meno famosi, che volevano possedere una casa che fosse vicina a Venezia, ma, nello stesso tempo, distante dagli itinerari degli aborriti tour organizzati.
Così vicina e così lontana dal resto della città, ancora una volta.

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