Cees Nooteboom, Iperborea, 2019

533 il libro dei giorni

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533 giorni nella vita di un grande scrittore europeo, con le preoccupazioni per il suo giardino di cactus e per l'ibisco sofferente, il suo amore per Minorca, i suoi pensieri sul mondo e sul posto che noi uomini abbiamo nell'universo.
Infaticabile esploratore di culture lontane, da oltre quarant’anni Cees Nooteboom si ferma d’estate a Minorca, «isola del vento»: certi lega­mi non li scegliamo, ci sono e basta, e il legame dello scrittore olandese con la Spagna è di que­sta natura, insondabile. È nella dimora minor­china, con lo studio pieno di libri e il giardino presidiato dagli autoctoni dei regni vegetale e animale, che hanno inizio i 533 giorni di ste­sura di queste riflessioni. Non un diario, non un insieme di moti dell’animo organizzato per date, ma un «libro dei giorni», per trattenere «qualcosa del flusso di pensieri, delle letture, di quel che si vede». Cactus, palme, tartarughe, ragni hanno forse un proprio linguaggio, che però resta impenetrabile. Nooteboom si inter­roga con l’umiltà del profano su misteri botani­ci e zoologici, li intreccia alla sua passione per le lingue umane aprendo ponderosi dizionari, resta in ascolto quando scopre suoni nei rumo­ri, alza lo sguardo su Cassiopea e si fa astro­nomo e mitologo. Ogni impressione è passata al vaglio del deposito memoriale di una lunga vita di esperienze e letture, che spalanca fine­stre su vasti orizzonti: la Divina Commedia e i libri che ha generato, l’impossibile incontro tra Montaigne e la musica di Feldman, il disprezzo dell’amatissimo Borges per l’amatissimo Gom­browicz, il volo infinito dei Voyager, il ripetersi della storia come tragedia e mai come farsa. Una rapsodia meditativa che vorrebbe escludere il rumore dell’attualità, ma che nell’attualità – della Catalogna, della Spagna, di un’Europa lacerata – deve più volte tornare, perché se come dice Candide «bisogna coltivare il pro­prio giardino», il proprio giardino è nel mondo, che lo si voglia o no.

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