Aa.vv, Marsilio, 2023

Sirene il mistero del canto

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Cantano, suonano, incantano, piangono, ammutoliscono. Le sirene, figlie del mito e guardiane del mistero, sono predestinate a svolgere un ruolo emblematico nella storia dell’umanità. Presidiano la soglia tra luce e ombra, tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Il loro corpo ibrido è come un geroglifico che tiene insieme l’umano e l’animale in una endiadi di perturbante bellezza. Come se, nel momento stesso in cui la mente umana ha inventato queste creature, avesse lanciato una sfida poetica e conoscitiva a quel principio della «contradizion che nol consente», per dirla con Dante. Perché di contraddizione si tratta. Di una unione tra due nature, umana e animale, e proprio per questo l’esito è un essere fantastico destinato a impressionare nel profondo il nostro immaginario. Al punto che da oltre tremila anni le incantatrici interrogano la testa e il cuore dell’Occidente. Omero le ha trasformate in un mito immortale raccontando il loro incontro fatale con Ulisse. Ovidio ne ha descritto la metamorfosi originaria. Friedrich de la Motte Fouqué ha ammantato di inquietudine le loro vicende terrene. Hans Christian Andersen ha portato il lettore dalla loro parte fino all’immedesimazione. Gérard de Nerval e Matilde Serao hanno celebratole glorie di una delle sirene omeriche, Partenope, la mitica fondatrice di Napoli. Franz Kafka le immagina come mute e dispettose eroine antiborghesi. James Joyce le innesta come ultime vibranti epicuree nel flusso di coscienza dell’Occidente. Ingeborg Bachmann invoca la loro furia distruttiva per vendicarsi di chi le ha spezzato il cuore. A legare tutte queste variazioni sul mito sirenico sono il potere allucinatorio della voce e l’abissale mistero del canto.

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