Riflessi caraibici di Marco Angelo Pancino
Un libro di viaggio, se si vuole definirlo. Un viaggio ai Caraibi compiuto per mezzo di una barca a vela partita dall’isola canaria di La Gomera (la stessa di Cristoforo Colombo) e alcuni anni prima da Venezia, col solo autore a bordo, sempre felicemente raggiunto in ogni arcipelago dalla moglie.
Queste navigazioni lunghe verso gli arcipelaghi di Canarie, Caraibi e poi Azzorre, non rappresentano però l’argomento centrale, anche se sono state la prima motivazione del viaggio e vengono ad esse dedicati due capitoli. Invece, proprio quelle isole, che prima della partenza rischiavano di venir quasi considerate poco più che l’inevitabile conseguenza della traversata, sono diventate nientemeno che le protagoniste del libro. Non i viaggiatori e le loro gesta, dunque, che ci sono ma fungono soprattutto da filo conduttore, bensì proprio le isole, con i loro abitanti, ambienti, atmosfere, situazioni, la loro identità e la loro storia crudele, nonché i loro frequentatori e, dietro a questi, una serie di luoghi comuni, opinioni e pregiudizi, sia positivi che negativi.
All’arrivo ci si ritrova disorientati in un mondo di solida realtà, sul quale si spandono fantasie che è impossibile non aver traghettato con sé, e che sono a volte così celebrate da non poterle ignorare, perché si può dire che in un certo senso facciano parte anch’esse della realtà caraibica, così come i turisti in molte località, ognuno con i suoi Caraibi.
L’avvicinamento è quindi lento, felice e riflessivo insieme. Gli strumenti principali dell’indagine per tentare una comprensione (poiché è anche per questo che si viaggia) sono osservazione, informazione, ascolto, relazione e riflessione, seguendo un po’ la logica e un po’ la poesia.
Il mezzo di ogni percorso, alla fine, è sempre la parola.