Lewis Mumford, Manzoni Editori

Herman melville

33.00
Quando Melville morì, nel 1891, la rivista letteraria ''The Critic'' non sapeva nemmeno chi fosse. La scoperta di quello che Mumford definisce «il più grande scrittore creativo che l'America abbia prodotto, la cui epopea, Moby Dick, è uno dei più alti monumenti poetici della lingua inglese» è opera del XX secolo. Melville è dunque vivo, e ancor oggi la sua opera ci tocca in profondità non perché abbia descritto gli arcobaleni dei mari del Sud, o corretto gli abusi d'autorità della Marina degli Stati Uniti, ma perché affrontò certi grandi dilemmi della vita spirituale dell'uomo, e cercando di dare una risposta, ne sondò il fondo. Abbandonò il mondo addobbato e ovattato della convenzione, e affrontò la nudità della vita, dalla morte, dell'energia, del male, dell'amore, dell'eternità: scostò i confortevoli drappeggi dei salotti vittoriani rivelando l'oscura notte, pallidamente rischiarata dalle luci di antiche stelle. Voltò le spalle a una carriera felice e fortunata per tuffarsi nelle fredde, nere profondità dello spirito, le profondità dell'oceano senza sole; e pur avendo dimostrato che non si poteva vivere in quelle condizioni, riportò nei meschini trionfi dell'epoca quell'unico elemento di cui essa mancava completamente: il senso tragico della vita; il senso che il più alto dei voli umani si libra sopra un abisso inconquistato e forse inconquistabile.

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